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Fronteggiare il DISTACCO Riduci

 Il 2 Marzo 2015 presso l’Oratorio di Preganziol si è svolto l’incontro rivolto ad Animatori ed Educatori AC, Comunità Capi Scout, giovani dei Cori, giovani ed adulti interessati sul come le esperienze di distacco relazionali ed affettive possono essere eventi capaci di generare positività e nuova identità.
 I relatori dr. Luigi Colusso medico e psicoterapeuta, responsabile del progetto “Rimanere insieme” dell’ADVAR,  e la dr.ssa Lia Liguori psicologa dell’ADVAR  hanno approfondito il tema del distacco, fenomeno naturale e tante volte inevitabile, offrendo una chiave di elaborazione sui numerosi eventi che tutti durante la vita siamo chiamati a fronteggiare, alcuni sicuramente fisiologici, altri no.
Troppo spesso si recepisce solo una parte di negatività, contenuta nel distacco, e da questa lettura nascono tentativi di rifiuto dello stesso, vissuti di perdita tragica, di rimpianto e di perdita di slancio verso il futuro, crisi di identità.
Tra i molti esempi possibili di distacchi, in base anche alle domande poste dai giovani prima della serata, basterà ricordare le  SEPARAZIONI : il bambino si separa dalla mamma per andare a scuola ma è un momento destinato a terminare presto e che porterà CRESCITA reciproca ; infatti poi avranno una esperienza vissuta in più da condividere.
Oppure i DISTACCHI : una persona cara va a vivere lontano, si cambia scuola e si perde il gruppo classe e gli amici; il tempo/spazio si libera dando nell’immediato un senso di smarrimento, di solitudine, di vuoto. In realtà questo tempo diverso a disposizione  darà un’opportunità di CRESCITA  ma si dovrà imparare a recuperarlo  e reinvestirlo in occasioni nuove che la vita ci offrirà.
Anche le PERDITE : generalmente  fanno riferimento ad un bene relazionale  le piccole e grandi separazioni affettive, la non più rara separazione dei genitori, le bocciature che però ci permetteranno  di avere  in cambio come CRESCITA rapporti diversi e nuovi, forse più intensi.
In tutti questi esempi di distacco si nota quindi che esiste una CRESCITA intesa come SCAMBIO RELAZIONALE  CHE  GENERA  VITA ed eventi destinati a diventare sempre POSITIVI, se affrontati in modo corretto.
Ed infine i LUTTI : una persona cara muore; la perdita di quella vita non genera reciprocità di scambio, ma se abbiamo elaborato i nostri momenti di  separazioni -distacchi –perdite,  e li abbiamo fatti diventare strumenti che ci hanno permesso di crescere, questi momenti ci  hanno preparato a perdite più impegnative, fino alla morte propria o delle persone più care.

La vita offre delle prove, la sua bellezza sta proprio nella sua incertezza, nel suo non avere un termine noto. La vita ci offre in DONO la possibilità di trasformare le perdite e le sconfitte in qualcosa di diverso; all’inizio questo dono è NASCOSTO perché il dolore, la sofferenza, il lutto non possono  essere cancellati e ci confondono , ma è da loro che può nascere qualcosa di diverso, che li trascende, li supera, conferisce loro senso.
E questo richiede tempo, fatica e consapevolezza che l’elaborazione la fa la persona che soffre, non può ricevere da altri la soluzione già pronta e confezionata su misura per lei.
Quindi “gli altri” (cioè le risorse e i valori della famiglia e i legami con la prossimità) sono indispensabili poiché non è dando la soluzione dal di fuori del problema che di per sé  fa crescere, ma è la RELAZIONE che si sviluppa con l’altro, fondata sul fronteggia mento dell’evento critico, che aiuta ad elaborare il tutto.
Una relazione che ha come strumenti fondamentali i  RITI e la NARRAZIONE.
Sono importanti i riti religiosi, e lo sono i riti «laici», per condividere  l’appartenenza alla comunità.
La vita sociale si esprime attraverso la partecipazione nei riti e con lo scambio narrativo; anche se non sempre è chiaro, molte volte è uno scambio di doni, libero e nello stesso tempo obbligato.
Diamo quindi un tempo alla nostra vita per raccoglierci e ascoltare il  MAESTRO INTERIORE  (Agostino, De magistro XII) che tutti abbiamo ; terminato il tempo dell’ascolto riflessivo i riti di passaggio ne apriranno uno nuovo più ricco e  in questa fase lasciamoci coinvolgere nella narrazione con la comunità.

Ed infine ma non ultimo, in quanto credentI, guardiamo a Gesù: per resuscitare ha dovuto passare attraverso la passione, la morte. Gesù si è lasciato attraversare dalla sofferenza.
Così anche noi senza una passione  non possiamo sperimentare la gioia della vita, le novità che essa ci porta con la possibilità di riscatto, con il nostro impegno.
 
ALCUNI INTERVENTI
- COMUNITA’:  E’ importante perché riesce a sostenere la mia negatività
         È importante perché mi aiuta a cercare sempre la positività
         È importante perché in essa trovo una rete di relazioni che mi permettono lo                  scambio relazionale.
- NARRAZIONE:  E’ fondamentale perché mi permette di mantenere i legami, le relazioni con tutte
            le generazioni.
            Deve essere spontanea.
            Attraverso essa elaboro il distacco accadutomi e mi arricchisco.
            Conduce alla verità di se stessi.
    Permettere la narrazione all’altro non come eccezione, ma come regola.
- VERITA’: la verità è come un diamante: ha mille facce.
- QUALCUNO ESCE DALLA COMUNITA’ : che reazione dobbiamo avere?
Capita di sentire un senso di tradimento. L’importante è pensare a quello che  la persona ha  donato per il tempo che è stata in comunità.
Se pensiamo che la relazione con l’altro è un dono, la vita è più facile. Si vive meglio.
Se c’è stata vera relazione, chi esce poi torna.
- LE NOSTRE PERDITE: chiederci sempre come stiamo andando con le nostre perdite. Più elaboriamo  più siamo in grado di accompagnare altri.

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Costruire reti e relazioni Riduci

(Alessandra Cecchin, parziale dell’intervista rilasciatale dal dr. L.Colusso per “La Vita del Popolo” del 15 Marzo 2015)

 

Quando avrà finito di scrivere, si fermi un momento e rilegga l’articolo, mettendosi nei panni di un genitore, di un fratello, di un famigliare di chi si è tolto la vita. E’ l’unico modo per non far loro ancora del male, anche solo con le parole”. La raccomandazione, fatta sottovoce e quasi scusandosi, del dott. Luigi Colusso, al termine del nostro incontro, dice molto del suo lavoro, e della sua stessa vita, accanto alle persone colpite da un lutto con il progetto “Rimanere insieme” che è nato 16 anni fa all’interno dell’Advar di Treviso come servizio gratuito rivolto ai “superstiti”.

La cronaca delle ultime settimane racconta di una lunga serie di casi di morti per suicidio nel trevigiano, in particolare di giovani. Scelte, se così si possono definire, che quasi sempre sembrano arrivare all’improvviso, senza che ci siano stati “segnali” di preallarme, senza che le persone vicine potessero fare qualcosa per scongiurare qualcosa di così definitivo, senza che fosse possibile “intercettare” un disagio tanto profondo, più o meno nascosto. Fatti di fronte ai quali ci si dovrebbe fermare come davanti a un mistero, insondabile, che tocca l’intimità di ciascuno. E invece, spesso, le parole si sprecano, anche sui mass media.

Accoglienza senza giudizio

Da qualche tempo il gruppo di “Rimanere insieme”, tra i“superstiti”, accoglie anche diversi famigliari di persone che si sono uccise,soprattutto genitori e partner (mogli, mariti, fidanzati).

Un tempo erano uno ogni tanto, oggi cominciano ad essere parecchi – spiega Colusso - e arrivano con un tir di sofferenza, in cui ci sono anche molti sensi di colpa. Le identità stesse vengono travolte, c’è un crollo dell’autostima. Sono persone che hanno bisogno di ascolto, di essere accolte con misericordia, senza essere giudicate, hanno bisogno di fare una narrazione del proprio vissuto, e il gruppo di mutuo aiuto fra pari, fra persone che condividono la stessa esperienza è fondamentale.

E’ diverso perdere qualcuno per malattia o perché si è tolto la vita”.

Farcela con le proprie forze è dura, in questi casi, molti possono contare sulla fede, su un sostegno spirituale, in alcuni casi c’è la necessità di un aiuto professionale, di un sostegno psicologico per comprendere ciò che è accaduto, elaborare il lutto.

Coinvolti famiglia, amici,comunità

Colusso parla di ripercussioni ad onda di questi fatti in tutta la famiglia, tra gli amici, nella stessa comunità. “La percezione che ho ricavato da tante storie e incontri è che ci siano molte concause che portano le persone al suicidio, non c’è soltanto il lavoro perso, il fallimento dell’azienda, una malattia grave, la rottura di un legame affettivo o gli impegni di studio non onorati come si desidera.

Soprattutto c’è l’impressione, sbagliata certo, di non contare abbastanza per qualcuno, di non avere più un motivo per continuare a vivere, e non c’è la consapevolezza del dolore che si provocherà.

Talvolta la rete sociale intorno a queste persone, anche quella informale, funziona meno, è più «smagliata». Ecco perché ripeto sempre che dobbiamo rimettere al centro le relazioni e ricostruire il senso di comunità”.

Una rete dalle maglie strette

Costruire e coltivare relazioni come membri della comunità umana,quindi, la prima e più remota “ricetta” per prevenire gesti tanto terribili, per costruire quella rete dalle maglie strette che può aiutare anche la famiglia e la scuola, che spesso si sentono impreparate a cogliere i segnali, a interpretare il disagio di tanti adolescenti.

“Dobbiamo impegnarci a ricostruire la bellezza di vivere insieme nel mondo, che è il posto che Dio ci ha dato, perché non ci ha messo qui da soli, ma ci ha donato gli uni agli altri” conclude Colusso.

 

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